Il taglio del nastro è stato domenica 19 marzo, per il WiLa, la Wine Labels Collection ospitata nelle pertinenze del WiMu di Barolo.
Il museo del vino multimediale di François Confino ora ha anche le sue etichette, una straordinaria collezione personale di 282 mila pezzi singoli, diversi e autentici, datati dalla fine del Settecento in rappresentanza di tutti i Paesi produttori di vino riconosciuti dall’Onu (tranne l’Iraq), donata dal professor Cesare Baroni Urbani di Sirolo e la moglie Maria al Comune di Barolo, che l’ha messa a disposizione della Barolo & Castles Foundation.
La raccolta, consegnata ufficialmente dal professore a giugno 2016 durante la presentazione della nuova annata del Barolo, è stata collocata negli spazi della vecchia sezione femminile del Collegio Barolo, nell’edificio che già ospita la biglietteria del WiMu e che è stato oggetto di un ampio intervento di recupero, risanamento, abbattimento delle barriere architettoniche e un accurato restauro da parte del Comune con finanziamenti del Gal. L’intera collezione è conservata negli armadi. Mostre temporanee e permanenti nelle sale del WiLa, ma anche all’interno del WiMu, quale parte integrante del percorso di visita, sono finalizzate alla sua fruizione.
Durante la cerimonia inaugurale, dopo i saluti istituzionali del sindaco di Barolo, Renata Bianco, e del presidente dell’Ente Turismo Alba Bra Langhe Roero, Luigi Barbero, gli interventi moderati dal giornalista Roberto Fiori sono stati a cura di Cesare Baroni Urbani, la ricercatrice Simona Stano dell’Università degli Studi di Torino e International Semiotics Institute e Massimo Martinelli, curatore della collezione da quando è stata affidata al Comune di Barolo e alla Barolo & Castles Foundation.
Perché il professore marchigiano ha scelto proprio Barolo per donare un simile tesoro? «Se Barolo è il “re dei vini” è giusto che sia lui a occuparsi di tutti i suoi “sudditi” sparsi per il mondo» ha detto Urbani. Ha aggiunto il sindaco Bianco: «La Collezione Internazionale di Etichette Fondo Cesare e Maria Baroni Urbani è un appassionato e competente lavoro di raccolta e catalogazione. Un autentico capolavoro e un patrimonio che da oggi condivideremo con i visitatori del nostro museo: siamo lusingati che il professor Urbani abbia scelto Barolo e il WiMu».
LA STORIA DELLA RACCOLTA
Le etichette sono state ottenute per lo più direttamente dai produttori. Ma alcune cantine, specie tra le più prestigiose, si rifiutano categoricamente di cedere le loro etichette. In questi casi, il professore ha comperato le bottiglie più interessanti per staccarne l’etichetta che, per i vini più famosi e costosi, è protetta da potenti colle al fine di impedirne la rimozione. «Ho cercato di raccogliere tutte le etichette da vino con la sola limitazione che fossero da vino d’uva – racconta il professor Urbani –. La mia maggiore attenzione, però, è sempre stata rivolta a quelle antiche oppure di qualche interesse storico o geografico. Per esempio, sono fiero delle mie etichette di vino iraniano (persiano), nonostante la loro apparenza insignificante, perché in Iran dopo la rivoluzione islamica degli anni Settanta non è più stato prodotto vino. Con Massimo Martinelli è parso pertanto naturale ispirare a tale premessa la selezione degli esemplari da proporre nella prima esposizione temporanea della collezione».
I primi contatti tra Cesare Baroni Urbani e il Comune sono iniziati circa sei anni fa con una mail scritta dal professore marchigiano, già docente all’Università di Basilea. Sono seguiti numerosi incontri e la donazione delle etichette già nell’ottobre 2012, con la costituzione del Fondo Cesare e Maria Baroni Urbani” e la sola condizione di “curare e far crescere la collezione che può costituire un importante supplemento all’esposizione museale”.
LA COLLEZIONE
Sono 104 i Paesi da tutto il mondo rappresentati in questa formidabile raccolta, con pezzi storici che risalgono fino al XVIII secolo: oltre 11 mila etichette sono infatti datate tra 1798 e 1950. Dalle più antiche cantine di Borgogna alle etichette d’autore fatte realizzare a Picasso, Chagall, Mirò ed Andy Warhol dal Barone de Rothschild per festeggiare la fine della guerra, fino alla serie della californiana Nova Wines dedicata a Marilyn Monroe. Ogni etichetta ha una sua particolare storia e aneddoti legati al mondo del vino, del costume, della storia e delle tradizioni del luogo di provenienza.
Tra rarità e curiosità raccontate dallo stesso professor Urbani, spicca dalla Germania la famosa e antica etichetta di “Berncastler Doctor”: il vino è di Bernkastel, Doctor è il nome del vigneto e l’etichetta riproduce un imaginario Dottore arruffone che convince i villici a comprare il suo vino. Per quanto riguarda la Francia, le etichette stampate dalla ditta Labaume Ainé et Fils, la più antica casa vinicola della Borgogna. Questo fatto, unito al nome dei vini e alle caratteristiche della stampa, fanno supporre che tra queste ci sia la più antica etichetta di vino stampata su carta tuttora conservata. E poi, champagne dei produttori Lambry, Geldermann & Deutz, con etichette ottocentesche che raffigurano elefanti per l’esportazione in India e la vendita ai maragià indiani, e dallo Stato di New York il vino kosher (per ebrei ortodossi) degli anni ’30 e ’40, con immagini di cammelli e asini che dovrebbero ricordare la Terra Promessa. Una vera rarità è l’etichetta di Pinot Nero prodotto nella vigna più a Nord del mondo, in Norvegia: la ditta Sveler Hansen tra il 1995 e il 1999 ha imbottigliato 75 casse di vino e ogni annata porta un’etichetta che riproduce un’opera del pittore norvegese Edvard Munch e nella collezione ce n’è una datata 1997 con il ritratto di “Madonna” (1894-1895). Un vino oggi pressoché introvabile.
LA VISITA
Il WiLa, con la Collezione Internazionale di Etichette Fondo Cesare e Maria Baroni Urbani, è visitabile ogni sabato, domenica e giorno festivo a partire dal 25 marzo, dalle 10,30 alle 19.00 con ultimo ingresso alle 18.00. Il biglietto di ingresso costa 2 euro, mentre il ticket cumulativo WiMu + WiLa ha un prezzo di 9 euro.
Info:
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